Equilibrio instabile

L’Europa non c’è

di Saverio Collura

Che immagine triste pensare che i leader dei paesi della moneta unica impegnino così tante ore del loro tempo prezioso, se utilizzato opportunamente, per arrivare ad una decisione che non poteva ragionevolmente avere alternativa diversa: l'accordo per evitare il “Grexit”. Ci sono, infatti, motivi altamente strategici, di geo-politica, di equilibrio continentale, di sviluppi internazionali che indicavano come obbligata, e senza alternativa,l'accordo tra i 19 paesi dell'area euro. Eppure abbiamo assistito ad un confronto di piccolo spessore, tutto strumentalmente incentrato su aspetti più di trattativa mercantile, che di alto profilo strategico-politico. Si confrontavano da un lato la "costellazione" tedesca (la Germania ed i paesi del Nord Europa, con l'appendice di quelli dell'est) tutta preoccupata, certamente non senza motivo, di dover sostenere finanziariamente pro quota l'aiuto necessario per salvare la Grecia. Dall'altra parte i paesi del sud del Europa, che ancora stentano a comprendere sino in fondo che ogni seria prospettiva non può prescindere dalla ferma necessità di doversi ancorare, stante i condizionamenti della realtà della globalizzazione, all'algoritmo: investimenti-innovazione-competitività-sviluppo-occupazione-benessere. In questo contesto la cultura politica paleo marxista riteneva, forse nella miopia dell'inconscio ideologico, di poter assestare, attraverso "la presunta rivoluzione greca" un duro colpo alla moderna politica economica. La mediazione realizzata a Bruxelles consente di superare "il punto morto inferiore" del pendolo dell'attuale politica comunitaria; ma certamente, se le cose dovessero rimanere inalterate, non sarà stata impostata nessuna iniziativa che possa far maturare ed evolvere la prospettiva degli Stati Uniti d'Europa. Ancora pesa come un macigno la decisione dei referendum popolari francese ed olandese di affondare il progetto di nuova costituzione europea, a suo tempo elaborato dalla commissione Giscard d’Estaing : da quella scelta derivarono le conseguenze di miopia e di egoismo degli Stati, che hanno caratterizzato l'azione dei governi nazionali sino ad oggi.
Possiamo quindi dire che la soluzione messa a punto per la Grecia si limita sostanzialmente a chiudere una falla in una situazione politico-economica che rimane estremamente fragile e fortemente vulnerabile; priva come è degli adeguati strumenti costituzionali ed istituzionali in grado di porre in evidenza e gestire le giuste priorità, le necessarie decisioni, gli ineludibili percorsi di solidarietà comunitaria. Pensare di poter continuare con gli attuali anacronistici schemi e strumenti, vuol dire solo continuare a tappare le falle, senza però riuscire a portare in rotta di galleggiamento il veliero Europa.
Nel prossimo autunno i paesi dell'area euro saranno alle prese con la ritualità della "Legge di Stabilità"; con la solita manfrina tra i paesi del Nord arcigni ed implacabili censori verso quelli del sud. Quest'ultimi, come al solito, cercheranno di millantare la messa a punto di (presunte) riforme di struttura, ed (in)efficaci manovre di aggiustamento dei conti; sperando così di poter strappare “ai burocrati di Bruxelles” qualche decimali di deficit in più, e poter così rinviare, come al solito, gli interventi veramente efficace e necessari. Senza preoccuparsi che domani tutti i palliativi messi in atto non potranno comunque risparmiare la crisi, ormai prevedibile, in uno dei paesi con strutture di bilancio più deboli. Dobbiamo convenire che in questo "fantasioso comportamento” l'Italia riesce ad essere particolarmente attiva. Ma poi, passate alla meno peggio le forche caudine della verifica della propria Legge di Stabilità, restano, come dobbiamo constatare ancora oggi, le estreme fragilità del nostro sistema paese, con le problematiche che continuiamo colpevolmente ad ignorare ed a trascinarci.
In questa situazione complessiva, cercare di far avanzare un percorso, un'idea di Europa federale, sociale ed omogenea può apparire una chimera velleitaria. Se la Legge di Stabilità non fornisce gli strumenti di politica economica necessari a vincere la cupa fase di recessione strisciante, di sottoccupazione, di esigua crescita del reddito pro capite, allora è necessario ed urgente ripensare tutta la strategia di politica fiscale e di bilancio messa in atto sino ad ora. Bisogna pensare ad una "Legge di Riforme, di Innovazione, di Crescita, e di Sviluppo", che possa garantire lo strumento legislativo idoneo a consentire una seria politica economica comunitaria ed integrata. In questo contesto potrebbe poi risultare più percorribile la strada di una gestione di tipo federale dei nodi di crisi, a cominciare dalla creazione di un fondo europeo per la gestione in comune delle fasi congiunturali connesse al problema della disoccupazione nei singoli Paesi: è quanto avviene già oggi negli USA.

Roma, 14 Luglio 2015